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#myroots Ideare uno spettacolo di TSC in Etiopia: dubbi, idee, riflessioni

Si è concluso per le due operatrici di TSC il primo mese di missione ad Hayk, in Etiopia, nell’ambito del progetto sull’immigrazione irregolare.
“È stato difficile e appassionante tenere insieme l’attività pratica di laboratorio con i ragazzi provenienti dai 3 diversi Woreda e la sua quotidiana (ri)programmazione. Ci siamo immerse ogni giorno nelle dinamiche dei gruppi, sempre in evoluzione, esplorando per ore i loro bisogni e le loro possibilità drammaturgiche rispetto al tema – così complesso – della salute sessuale. Poi, nel tardo pomeriggio, ripensavamo a quanto accaduto, raccogliendo le idee e immaginando nuovi training per i giorni a seguire”.

Tra dubbi, idee e ispirazioni, stanno nascendo lo spettacolo e i tre eventi di comunità in cui i ragazzi lo porteranno in scena. Il lavoro di TSC è, in questo progetto, molto legato alla sensibilizzazione sul tema della salute e dell’educazione sessuale. Come fare perchè un’infomazione venga compresa senza essere fraintesa? E come evitare di esprimere giudizi su usanze che urtano la nostra etica occidentale? Come, allo stesso tempo, non mostrare che le accettiamo? Qualsiasi idea pone una questione delicata: una gag che qui non farebbe ridere nessuno, un volantino che alcuni spettatori analfabeti non leggerebbero, un’allusione che verrebbe bocciata dalle autorità locali.

Il primo evento di comunità si svolgerà nella Woreda di Ambassel. Si intitola ‘Taragnà Ghebà!’, ovvero ‘Avanti il prossimo!’.

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Il lavoro ideativo e artistico si unisce, con l’aiuto dei community mobilizer, a quello logistico e di networking: la ricerca dei materiali necessari, gli incontri con le autorità locali coinvolte nell’organizzazione.

A questo si aggiungono gli imprevisti delle missioni nei contesti di cooperazione: il rinnovo dei visti ha comportato alle due operatrici una serie di viaggi non previsti: “tra cambi d’ora, levatacce, pasti preconfezionati e nottate sedute, malgrado le piogge, i blackout e i malintesi dovuti al gap linguistico e culturale, abbiamo la sensazione che…bè, che tutto vada a gonfie vele. Perché i ragazzi sono entusiasti e ci piace pensare alla comunità che si riunisce intorno a loro. Ci piace che il teatro sia il motore della grande macchina che muove il mondo”.